Cosa ricorderemo del 2020 in Sanità?


Serve una nuova 833 e una nuova Europa. Lettera aperta al Ministro Speranza

Come sarà ricordata tra 10 anni la lezione del 2020, l’anno del Coronavirus?Anno caratterizzato da una lunga crisi economica, certamente. Chi oggi allarga i cordoni della borsa, domani dovrà onorare i debiti fatti. E temiamo che per anni saremo tutti, ma noi italiani per primi, in una condizione di difficoltà che richiederà un grande sforzo della politica e dei cittadini compreso quello di riuscire finalmente a far pagare le tasse a chi non le paga (ma che oggi comunque chiede sussidi).

In altre parole, appena passata la paura di morire…saranno i soldi, come sempre, a dettare l’agenda della politica. Avrete notato come, con il passare dei giorni, si sia ridotta la presenza sui media del Ministro della Sanità. Per cui già oggi in fase 2, in piena pandemia, la sanità torna ad essere fuori dall’agenda della politica.

Ecco perché è adesso che la ferita è ancora fresca che dobbiamo “cementare” il SSN.

La Costituzione nacque dopo il fascismo che ci portò alla seconda guerra mondiale. La 833 nacque nel 1978 durante gli “gli anni di piombo”, caratterizzati da un’estremizzazione della dialettica politica che produsse violenze di piazza, lotta armata e terrorismo. Questo per dire che l’umanità, spesso nei periodi più bui, è riuscita a far sbocciare qualche fiore.

Oggi e non domani dobbiamo ricordare a tutti come l’aver escluso la sanità dalla agenda politica per tanti anni, sia costato vite umane e abbia determinato una crisi economica. Quando si deve correre ai ripari, in emergenza, si commettono errori (e molte morti avremmo potute evitarle) e si spende molto di più (e non solo in ambito sanitario). Tutto il sistema collassa, sia quello sanitario che produttivo. Sistemi molto organizzati come la Germania hanno potuto affrontare meglio la pandemia.

Di seguito un elenco di alcuni degli errori commessi in questi mesi con l’analisi di alcune possibili ed improcrastinabili soluzioni.

● In Italia sono mancati i posti letto. In Germania no. Sono anni che sosteniamo che la legge Balduzzi che ha previsto 3.7 posti letto per mille abitanti era sbagliata. Bene, chiediamone la modifica portando la percentuale almeno al 4.7 (comunque ben lontana dall’8% della Germania).

● La Medicina del territorio è collassata. Abbiamo mandato a mani nude valenti colleghi ad infettarsi e ad infettare a loro volta i pazienti. Molti di loro sono deceduti nell’adempiere al loro dovere! Nel 2021 avrà ancora senso una medicina in cui un medico operi da solo senza alcun contatto con le altre strutture territoriali? Non dovremmo ridisegnare strutture territoriali con caratteristiche e funzioni analoghe in ogni Regione, con un contratto per i medici che sia unico e garantire una diversa medicina del territorio che abbia maggiore integrazione con Ospedali, strutture convenzionate ed ASL?

● La paura e l’emergenza, hanno reso possibile i consulti online, la telemedicina, l’uso di ricette veramente dematerializzate. Un fatto positivo!. Perché non “strutturarlo”? In quanti casi (lettura di analisi, referti, somministrazione di farmaci per pazienti cronici, valutazione di parametri), basterebbe un solo consulto video con il paziente senza costringerlo ad andare in ospedale o dal medico di famiglia? Una volta stabiliti quanti e quali possano essere i consulti video, avremo evitato spostamenti ed attese non necessarie per un gran numero di persone. Non dobbiamo però cadere nell’errore e nel paradosso del ritenere poco utile la visita, la conoscenza diretta del paziente e del suo contesto socio sanitario. Solo grazie a queste conoscenze propri della Medicina di Famiglia, o del medico specialista di fiducia, sarà poi possibile utilizzare anche i mezzi informatici.

● Con la modifica del Titolo V della Costituzione sono stati riconosciuti molti poteri alle Regioni e sono stati creati 21 Servizi Sanitari Regionali diversi. Negli anni questo ha rappresentato un problema che in questi mesi di emergenza è diventato un grande problema. E’ necessario, quindi, rivedere le attribuzioni di poteri e di responsabilità. Alcune funzioni andranno centralizzate, altre, quelle di carattere gestionale, decentrate. Per ipotesi, si può ancora pensare che alcune Regioni siano in grado di costruire ospedali senza dover subire interferenze malavitose? Una soluzione potrebbe essere quella di curare le persone in strutture fatiscenti poi da ristrutturare così come è stato fatto solo pochi mesi fa! Dato che abbiamo dimostrato di avere le capacità organizzative ed imprenditoriali adatte per costruire enormi terapie intensive in 15 giorni o un ponte in pochi mesi!!! Non è anche quella del Sud una emergenza che dovrebbe beneficiare degli stessi metodi? E per contro, soprattutto al Nord, sempre per ipotesi, si può ancora pensare che la politica possa essere immune dalle lusinghe dei grandi gruppi privati che oltre e detenere pacchetti di maggioranza nei maggiori quotidiani locali, riescono anche ad elargire grossi finanziamenti? Una nuova riforma deve affrontare, oggi, queste incongruenze. Oggi nell’emergenza, come argomentato ci si è riusciti.

● L’aver appaltato alle strutture private una buona fetta dell’attuale sanità ha fatto si che nel momento del bisogno si sia dovuto emanare un Decreto che permettesse di portare via dalle strutture private macchinari e presidi necessari alla sanità pubblica. Non deve più accadere. Una legge nazionale dovrebbe stabilire cosa può essere appaltato al privato e cosa no ma, soprattutto, in quale percentuale massima. Ma anche e soprattutto le caratteristiche di tali“cessioni di rami di impresa”.

E’ evidente a tutti che grandi strutture, seppure private, abbiano erogato una buona sanità in questo periodo di emergenza sanitaria. Ma deve essere altrettanto evidente che le regole di ingaggio, nel pubblico e nel privato, debbano essere le stesse: identico pagamento a DRG ma soprattutto stesse regole e stesso Contratto Nazionale, stessi titoli di studio, stesse regole per i concorsi primariali (oggi i primari andati in pensione dal pubblico li troviamo nel privato senza regole!). Ma soprattutto dovrebbe essere corale il “no” alla parcellizzazione della sanità regionale, dove migliaia di piccole strutture sono state convenzionale.

Nel Lazio, per esempio, ma non solo, la sanità pubblica ha appaltato al privato quasi tutta la riabilitazione, tutta la geriatria, tutta la lungodegenza. Non è possibile! Il ricorso al privato deve essere residuale perché quei letti, se resi attivi nelle grandi strutture pubbliche, nel momento dell’emergenza, possono essere riconvertiti subito in letti per acuti senza la necessità di creare tendoni.

L’emergenza non è solo COVID-19. L’emergenza la viviamo tutti gli anni dopo ogni semplice influenza stagionale che, come ricordato in tutti questi giorni, miete comunque tanti morti che potrebbero essere evitati. Un plauso alla regione Emilia Romagna che ha tutelato meglio e prima degli altri la salute dei propri cittadini.

Vorremmo tornare a sostenere che “Pubblico è bello”! Vorremmo anche uscire una volta per tutte dall’era Berlusconiana della Milano da bere! E vorremmo anche uscire da quella Brunettiana dei “medici macellai e nullafacenti!”.

Di seguito 7 proposte:

● Personale. E’ assolutamente necessario premiare chi oggi ha permesso con le proprie competenze e con il proprio impegno di fronteggiare gli effetti della pandemia nel nostro Paese. Si tratta di personale sanitario che va strutturato tutto nel SSR, non fosse altro che per gratitudine, ed è necessario farlo subito. Da domani si cambia! Appare infatti evidente come le attuali norme concorsuali siano vetuste, che la formazione demandata alla sola università sia una stortura solo dell’Italia che va subito modificata.

● Europa. Non intendiamo entrare nella tanto discussa questione “economica”. E’ invece doveroso fare il punto sulla questione sanità. Partiamo da un dato positivo: i cittadini europei hanno sistemi sanitari migliori di quelli americani o di tante altre parti del mondo. Possiamo andarne fieri. Ma dovremmo fare di più.

Ecco cosa, a nostro avviso:

● Centri di Ricerca Europei finanziati dalla UE e non dai singoli stati, con risultati di tali ricerche a brevetto libero e non di proprietà di questa o quella Casa farmaceutica (per lo più americana). Si potrebbe iniziare con la ricerca sul vaccino.

● Regole per la formazione universitaria e post-universitaria identiche ma anche più specifiche (dove e come si svolge la formazione, identico programma di studio, identica durata, identica remunerazione).

● Identificare le linee di produzione indispensabili per la salute, ed imporre che tali produzioni rimangano in Europa. Non rischiare più , come avvenuto oggi, di non disporre di prodotti sanitari indispensabili come mascherine oventilatori, o peggio farmaci, per la sola ragione regolata dal profitto.

● Disporre di una task-force europea idonea a fronteggiare le emergenze sanitarie, qualora dovesse servire, in Europa e nelle altre parti del mondo con tende, strutture trasportabili e navi. Programmare la formazione di personale pubblico da richiamare nei momenti di bisogno. Intervenire immediatamente nei casi di disastri ambientali (terremoti, catastrofi nucleari, alluvioni, carestie), portando nel mondo salute.

● Un bel modo per unire i popoli della UE in un progetto di civiltà e di cultura, come è per il meraviglioso progetto Erasmus. Infine, portare un messaggio di  “salute” agli altri popoli nel momento del bisogno è il modo migliore per essere, sentirci e farci riconoscere Istituzione Europea.

ANMOS:

Francesco Medici, Dipendente Ospedaliero

Paola Volponi, Assistenza Primaria

Daniela Melchiorre, Ricercatore Universitario

Paolo Marotta, Medico di Medicina Generale (Assistenza primaria e Continuità Assistenziale)

Gianfranco Rivellini, Dipendente Ospedaliero

Luigi Pignataro, Medico del di Distretto

Viviana Ciarrocca, Specialistica Ambulatoriale

Antonio Mignone, Dipendente Ospedaliero

Mario Giusti, Dipendente Ospedaliero

Rossina Boi, Assistenza Primaria

Francesca Perri, Medico Emergenza Territoriale 118

D’Alessio Enzo, Assistenza Primaria

Antonio Pagano, Dipendente Ospedaliero

Lafratta Mario, Assistenza Primaria