Il Contratto Unico e la formazione dei medici.


Il Contratto Unico e la  formazione dei medici.

Dalla frammentazione dei contratti al Contratto Unico e dall’esclusiva universitaria della formazione all’integrazione  tra Università, Ospedale, Distretto e Medici del Territorio.

Abbiamo ampiamente dibattuto in questi anni su un solo tipo di rapporto di lavoro ed i tempi sembrano darci ragione in merito al fatto che il contratto unico è sicuramente migliorativo sia per le ripercussioni sul sistema sanitario, sia per ridare al medico la dignità che gli spetta. Unificare i contratti contribuirebbe a superare almeno in parte gli effetti deleteri della regionalizzazione della sanità e a mantenere il sistema sanitario equo solidale e universale. La scelta non può che avere risvolti positivi anche sulla formazione dei medici. Per non ripetere gli errori del passato dovremmo necessariamente e realmente programmare gli accessi alla facoltà di Medicina e Chirurgia sul vero fabbisogno. La legge 264 del 1999 sulla programmazione dovrebbe incrociare i dati tra fabbisogno di medici e specializzandi e capacità degli atenei di formarli(??). Evidentemente l’attuale situazione smentisce questa tipologia di programmazione lasciando al Ministero dell’Università  ed al Ministero Salute il compito di sovraintendere ai numeri. La formazione dell’intero corso di laurea non può che essere affidata alle Università. Va però discusso e concordato il ruolo che i Medici Ospedalieri ed i MMG potrebbero svolgere nella formazione universitaria. Una seria programmazione deve riguardare altresì gli accessi alla specializzazioni medico-chirurgiche non solo dell’offerta numerica ma anche delle reali carenze nelle diverse specializzazioni. Per l’ anno accademico 2019/2020 sono previsti 11568 accessi al corso di laurea a fronte di 8905 accessi alle scuole di specializzazione. Quale ruolo potranno svolgere i medici che non possono accedere alla formazione post laurea? Tra queste va incluso l’ attuale corso di formazione per l’accesso alla Medicina Generale e al sistema dell’Emergenza Territoriale. Il corso per MMG e per l’Emergenza Territoriale dovrebbe assurgere a dignità di una vera e propria specializzazione e deve essere sottratto alla diversificazione regionale, come pure va sottratto al controllo del sindacato maggioritario della Medicina Generale che, con la propria egemonia, impone una filosofia che certamente non ci sentiamo di condividere. La formazione post laurea andrebbe intesa come contratto formazione/lavoro con l’individuazione delle realtà accreditate per qualità tra medici dell’ospedale, del territorio (distretto), medici di famiglia, medici di continuità assistenziale e del sistema 118. La formazione teorica dovrebbe comunque essere affidata alla università, con inserimento nel corpo docente anche di medici ospedalieri, del Distretto, dei MMG, di CA e del sistema 118. La conseguenza di questa impostazione potrebbe generare una veloce riforma per dare dignità allo specializzando garantendogli il ruolo di lavoratore in formazione, con inserimento da subito nel SSN e con il riconoscimento di tutte le tutele medico legali e previdenziali, compresi malattia, maternità, ferie, etc.

PS: quanto sopra è una bozza per un intervento nel Congresso Nazionale ANMOS previsto in marzo e che è stato ovviamente rinviato causa covid-19. Ho ritenuto giusto pubblicarla perché alla luce di quanto sta accadendo è improcrastinabile una seria riforma della formazione dei medici, l’attuazione del contratto unico, e, aggiungo, la  de-regionalizzazione della sanità

Luigi Pignataro

Medico

Socio ANMOS