Perchè assistere i malati sotto terra?


Venerdì 16 GIUGNO 2017 – www.quotidianosanita.it

Gentile Direttore, ospedale, primi giorni d’estate, sole e caldo cominciano ad allietare le nostre giornate. Vengo salutato dai colleghi che incontro all’ingresso dell’ospedale. Grandi sorrisi, una battuta, qualche domanda. Prima mi dirigo verso gli spogliatoi, poi seguendo cunicoli sempre più lunghi mi avvicino all’area del pronto soccorso, collocato sottoterra da un cinico architetto e da incompetenti direttori, contro tutte quelle disposizioni di legge che imporrebbero il dirtto a poter lavorare godendo della luce del sole. Un bisogno primario, ancestrale. Il cammino che va dalla luce al buio, dal sole alle tenebre è contrassegnato da lampadine alogene, fredda luce innaturale, mancanza di aria (la poca presente è pompata da stanchi impianti di aria condizionata). Tante volte ho pensato a Dante: ogni giorno percorriamo un cammino dantesco. A 55 anni ho appena superato il “mezzo del cammin di nostra vita” Non è solo una mia impressione. Più ci avviciniamo alle porte del pronto soccorso, ancor prima di sentire i lamenti dei poveri malati, dannati in attesa di collocazione, i saluti dei colleghi lungo la via sono prima allegri, poi bisbigliati, imbarazzati. Sguardi. Ti salutano sapendo che vai verso il buio, il luogo più temuto dell’ospedale. Dove, non a caso, nessuno vuole lavorare Dove nessuno vuole venire a fare consulenza Dove nessuno vuole venirsi a prendere carico di malati scomodi e complicati Dove nessuno vuole venire a respirare l’aria viziata, chiusa Dove nessuno vuole venire a sentire gli odori ed i sudori Dove nessuno vuole condividere il disagio di malati in attesa in barella anche per tanti giorni. Forse hanno paura a salutarti, paura di rimanere imbrigliati in una rete che potrebbe trascinarli nelle tenebre. Imbarazzati perché sanno che, seppure con tante altre difficoltà, loro torneranno alla luce all’aria, godranno di un panorama, vedranno il sole, respireranno aria non viziata. Ma più ti avvicini più incontri medici ed infermieri che fanno il tuo stesso tragitto, che con te lavoreranno. Medici ed infermieri sempre più stanchi, depressi, consapevoli che non arriverà il miracolo di un lavoro migliore se non quando riusciranno a cambiare reparto, lavoro, struttura. I saluti sono si cordiali, ma stanchi, nervosi. A parte il buio, alla sensazione di claustrofobia si aggiunge il caos quotidiano presente peraltro in quasi tuti i pronto soccorsi Italiani. Cattiva organizzazione che deriva principalmente dalla mancanza dei posti letto dovuti a tagli decisi con la scusa della crisi economica ma con l’obiettivo di ridurre il personale. Ed allora, l’avere interrato il pronto soccorso assume anche una valenza simbolica: voler nascondere “sotto il tappeto” la sanità sporca. Si nasconde la cura delle persone meno appariscente, quella che non finisce mai sui giornali per lodi o con il brindisi di interventi miracolosi. Ha l’onore delle cronache soprattutto per inadempienze professionali o presunte tali. Non conosco un medico di pronto soccorso ricco e/o con una fiorente attività professionale. Si fa il lavoro più duro senza riconoscimenti nè professionali nè sociali. Chi può ne esce, difficile sempre più difficile per i medici causa una legge che impone di rimanere a vita nella disciplina dove si è vinto il concorso. Murati, anzi interrati a vita. In questi mesi il nostro pronto soccorso, così come quelli di tutta Italia, è stato invaso da centinaia di casi di Morbillo: si l’epidemia è vera. Contemporaneamente sono arrivati tanti casi si scabbia (abbiamo un nuovo centro di accoglienza vicino che da noi scarica i nuovi profughi), ma abbiamo anche registrao l’aumento seppure modesto dei casi di tubercolosi e di meningite, per non parlare dei tanti casi di clostridium che sembra abbiano colonizzato le case di cure limitrofe e che sempre da noi arrivano. Peccato che abbiamo solo 2 stanze per isolare i pazienti infetti. Peccato che un malato con TBC non puo’ stare vicino ad uno con il morbillo etc.. Dove metterli nessuno ce lo ha detto anche perché nessuno lo sa. Ne abbiamo avuti anche 10 nello stesso momento. Ed allora malati infetti o potenzialmente tali vagano per i sotterranei dell’ospedale con la mascherina Tra altri malati in attesa ricovero, tra malati in attesa di visita, tra i parenti che vengono fatti entrare in frotte di centinaia per poter vedere come trattiamo i 40 malati in attesa di ricovero ogni giorno, sequestrati nelle grotte del pronto soccorso. La solita telecamera nascosta ha documentato tutto e il DG ha dovuto risponderne in uno dei tanti talk show televisivi. Era presente un politico della seconda repubblica che chiedeva la testa del medico che non aveva isolato il malato con TBC e in attesa del posto letto che non c’era . Altre son le teste che devono cadere. I colleghi più giovani (40 anni non credete) arrivati da poco a lavorare nel nostro pronto soccorso chiedevano cosa fare, come comportarsi, come potessero loro rispondere di drammi strutturali, cosa fare per uscire da sottoterra, come poter vedere le stelle anche solo professionali. Una infermiera anche Lei in attesa di una risposta, in ultima analisi di una speranza, diceva che a Modena i malati dopo 12 ore di attesa andavano comunque nei reparti, che ci fosse o meno il posto. Ogni reparto li soffre dell’iperaflusso, non solo il pronto soccorso che lì deve occuparsi solo dei nuovi casi, delle urgenze. Esigevano una risposta, e la risposta ero io a doverla dare, visto che oramai sono anziano e potenzialmente saggio, che fare sindacato mi pone nella condizioni tale da dover dare risposte. Ed allora ecco le risposte date: 1. Viviamo così perché siamo pecoroni, tutti. Ci siamo abituati ad ignominie che ci hanno fatto credere essere la regola, una necessità, una verità insindacabile lavorare in queste condizioni. Ci sentiamo anche noi polvere da nascondere sotto il medesimo tappeto dove sono stati nascosti i malati che avrebbero un diritto costituzionale non solo alle cure ma anche alla dignità. 2. Accettiamo tutto per poter lavorare, portare a casa uno stipendio, nella speranza nascosta di fuggire quei luoghi. Accettiamo perché amiamo il nostro lavoro comunque. Ma c’è anche una responsabilità della Politica. C’è una mancanza di programmazione, c’è un sotto-finanziamento esorbitante, ci sono pochi letti e troppo pochi medici ed infermieri ad assistere. C’è che è tardi essersi accorti ad epidemia in corso che i vaccini sono un atto di civiltà collettiva e non una scelta individuale e che oggi ne paghiamo le conseguenze. Ma vi è anche una responsabilità sindacale. Proporrò all’ANAAO che si faccia, ancora più di quanto abbia fatto, promotore di tre iniziative: 1. Portare alla “luce” il problema: togliere lo sporco da sotto il tappeto 2. Togliere i malati dai ghetti 3. Permettere ai medici di riciclarsi

Punto 1. Chiedere per tutte le strutture sanitarie poste sotto terra il rispetto del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303. Norme generali per l’igiene del lavoro art 8. Locali sotterranei che recita: “È vietato adibire al lavoro locali chiusi sotterranei o semi-sotterranei.” Ove questo avvenga ANAAO chiederà l’intervento dell’ispettorato del lavoro.

Punto 2. Una norma che stabilisca che il malato in attesa di ricovero oltre un tempo limite debba essere comunque allontanato dal pronto soccorso. Saranno le aziende poi a stabilire come e dove.

Punto 3. Modificare la norma che impedisce a chi è stato assunto in un reparto di essere spostato in altro reparto , seppure in possesso della specializzazione specifica. Anzi, viceversa, stabilire che i medici che per più di 10 anni hanno svolto l’attività in un reparto abbiano non solo possibilità ma anche il diritto e la priorità a spostarsi in un diverso reparto per cui si ha la specifica specializzazione. Chi sa che non “torneremo a veder le stelle”.

Francesco Medici

Consigliere Nazionale Anaao Assomed


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Informazioni su Francesco Medici

Consigliere Nazionale ANAAO Socio fondatore ANMOS Consigliere nazionale COSMED Dirigente medico Ospedale San Camillo Forlanini- Roma Medico di Pronto soccorso . Incarico di Team Leader