Si riporta integralmente il comunicato diramato oggi, 25 gennaio, dalla Corte Costituzionale in merito alle richieste di costituzionalità, solevate da alcuni Tribunali italiani, relativamente alla legge elettorale, detta Italicum (n. 52 /2015).
Oggi, 25 gennaio 2017, la Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate da cinque diversi Tribunali ordinari. |
La Corte ha respinto le eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato. Ha inoltre ritenuto inammissibile la richiesta delle parti di sollevare di fronte a se stessa la questione sulla costituzionalità del procedimento di formazione della legge elettorale, ed è quindi passata all’esame delle singole questioni sollevate dai giudici. |
Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono. |
Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione. A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957. |
Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni. |
All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione. |
dal Palazzo della Consulta, 25 gennaio 2017 |
Commento a cura di Gianfranco Rivellini:
Si deve attendere la pubblicazione del testo della sentenza per capire le motivazioni della decisione. Resta il premio di maggioranza, (340 seggi) che scatta per la lista (non la coalizione) che supera la soglia del 40% dei voti. La legge come modificata dalla sentenza è esecutiva, ma al momento valida per la sola camera dei deputati. Il listino bloccato dei capilista candidabili fino a 10 collegi resta, ma sarà “il caso” a stabilire per il capolista in più collegi in quale risulterà effettivamente eletto. Ciò comporta il vantaggio “democratico” che non resta a discrezione del partito decidere chi fare entrare in parlamento, al posto del capolista. Resta dunque un sistema elettorale misto, a preferenza e senza premio di maggioranza se nessuna lista raggiunge il 40% dei consensi. Resta un sistema che comporterà un maggiore protagonismo degli elettori ed un potenziale sistema di selezione dei parlamentari, sempre che i cittadini sappiano valutare attentamente i diversi candidati sui quali orientare la preferenza. Dal momento che la preferenza non è obbligatoria deve essere esercitata altrimenti non ha successivamente senso lamentarsi sulla qualità degli eletti. Per chiarire se in un collegio nessuno votante esprime nessuna preferenza, si viene eletti in proporzione ai voti espressi alla lista ed in rapporto al posizionamento in lista, dunque si “delega” la decisione al partito. Al contrario se gli elettori esprimono tutti il massimo delle preferenze (2 e di genere opposto) restringono assolutamente la discrezionalità dei partiti. Questa legge può essere estesa per l’elezione del senato, con il correttivo richiesto per rispettare il principio del criterio di rappresentanza su base regionale di cui all’art. 57 della Costituzione. A quando le prossime elezioni politiche ? |