DAL PENSIERO NEO-LIBERISTA AL SSN EQUO E SOLIDALE


DAL PENSIERO NEO-LIBERISTA AL SSN EQUO E SOLIDALE

Gli anni Ottanta segnano l’inizio dell’egemonia del pensiero neoliberista, anche in campo sanitario, con il conseguente calo generale di attenzione e di tensione morale verso i valori di giustizia sociale ed equità.

Rudolf Klein ha paragonato le trasformazioni dei sistemi sanitari, avvenute dagli anni Ottanta in poi in ogni parte del mondo, a una sorta di epidemia planetaria (Klein, 1995).
Una potente motivazione alla ristrutturazione dei sistemi sanitari va ricercata nella necessità di far fronte ai costi derivanti dai crescenti consumi, alimentati dall’estensione del diritto di accesso ai servizi, dall’invecchiamento della popolazione e dall’introduzione di nuove biotecnologie. L’esigenza di contenere i costi, eliminando le spese inappropiate o inutili e dando più efficienza al sistema, si accompagnò ad un altro tipo di spinta, di ordine politico/ideologico: la tendenza alla privatizzazione e all’introduzione del mercato, secondo le linee di politica neoliberista.
Gli effetti di questa onda d’urto sui sistemi sanitari sono stati le privatizzazioni, lo sviluppo delle assicurazioni commerciali, profonde diseguaglianze nella tutela della salute e nell’accesso ai servizi sanitari.

Questi effetti non solo hanno devastato i sistemi sanitari dei paesi più poveri, ma hanno anche prodotto iniquità sociali nella tutela della salute dei cittadini dei paesi dell’Europa Occidentale, tutti dotati di robusti sistemi pubblici di welfare.

Scrutando le prospettive future delle cure primarie, si scopre che se si vuole soddisfare i bisogni di salute dei pazienti negli anni a venire, bisogna produrre un cambiamento radicale nella qualità, nell’organizzazione e nell’erogazione dei servizi. Lo status quo non è più sostenibile. Serve un cambiamento di paradigma – “ridisegnare il sistema” si sostiene da ogni parte – su cui mobilitarsi per risolvere il problema.
Oltre 11 milioni di persone rinunciano alle cure e la ricetta proposta dal Governo è una diminuzione dell’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Pil (6,5%) da qui al 2019: questo significa meno risorse al servizio sanitario nazionale, riduzione della capacità di acquisto dei farmaci e peggioramento delle prestazioni sanitarie.

A questo si aggiunge il rischio di una progressiva demotivazione degli operatori, sui quali ricadono condizioni di lavoro sempre più pesanti. Il risultato è di avere personale meno riposato e concentrato: senza lo sblocco delle assunzioni il servizio sanitario nazionale va verso il collasso, a fronte di una domanda sempre più bisognosa di prevenzione, assistenza nel territorio, integrazione fra sanità e sociale.

Il cosiddetto Decreto Appropiatezza prescrittiva del Ministro Lorenzin rappresenta l’ultimo anello di una catena che mette a rischio i servizi sanitari ai cittadini in una logica di depauperamento del SSN con il fondo sanitario esiguo e la spesa sanitaria che sposta il suo equilibrio sempre più verso il privato.
La Costituzione italiana riconosce il diritto alla salute definendolo come un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. Insomma, il diritto alla salute è principalmente una questione etica, base culturale imprescindibile per farci capire che la sanità deve essere uguale per tutti. Il diritto alla salute, ad una sanità pubblica, gratuita e di buon livello per tutti, è un valore importante e prioritario, fondamentale e non negoziabile, per cui val la pena impegnarsi a viso aperto.

Sara Malaspina


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Informazioni su Mario Lafratta

Medico di Continuità Assistenziale dal 1984 al 2011 Medico di famiglia dal 1987 Animatore di Formazione dal 2003 Tutor di Medicina Generale dal Gennaio 2015 Referente della Medicina di Gruppo Integrata di Altavilla dal luglio 2015 Socio Fondatore di ANMOS